Caldo e confortante. In Emilia, brodo non è sinonimo di minestra. Il brodo, quello buono, serve a cuocere, ad accompagnare, a completare il meglio dei primi piatti della cucina tradizionale emiliana.
Nel brodo buono, profumato, magari di cappone, si cuociono (tanto per fare alcuni esempi) passatelli, zuppa reale, anolini, cappelletti, tortellini.
Ecco, i tortellini. Quel ricciolo dorato di pasta all’uovo che racchiude dentro di sè un ripieno corposo e ricco, ottenuto dalle icone dell’agroalimentare emiliano: il latte delle migliori vacche trasformato nel re del formaggio italiano, il maiale nelle sue parti nobili – coscia e lombo.
I tortellini degni di questo nome sono solo quelli fatti a mano, dalle rezdore (rezdora si dice in Emilia e azdora in Romagna, ma il significato è sempre lo stesso: la donna a cui è consegnato il compito di “reggere” la famiglia, amministrare la casa, prendersi cura di chi la abita) oppure dalle sfogline, le artiste della pasta all’uovo tirata a mano.
Difficile, fuori dall’Emilia, trovare un’esperta sfoglina cui ordinare un bel tot di tortellini del mignolo per santificare come si deve il pranzo della domenica o delle feste.
E qui arriviamo noi. Venite a trovarci alle Scodelle, sedetevi, ordinate un bel piatto di tortellini, godetevi l’esperienza e poi raccontateci come è andata.